Ti sei mai chiesto quale dovrebbe essere la giusta forma delle feci?
Anche se può sembrare una domanda imbarazzante, che forse hai vergogna a fare al tuo Medico, è comunque un quesito legittimo.
E, dal punto di vista medico, anche importante.
Già , perché le feci umane possono indicare molto dello stato di salute di una persona, e la loro osservazione può rilevare molte informazioni utili, nonché essere campanello d’allarme di alcune condizioni patologiche, sia del colon che del canale anorettale.
Dunque, se ti chiedi di che forma dovrebbero essere le feci sane, sei sulla giusta pagina.
Continua a leggere quest’articolo informativo scritto dalla Dott.ssa Luisella Troyer, Chirurgo Proctologo, per scoprire quali dovrebbero essere le feci ben formate e quali potrebbero essere invece i ‘campanelli d’allarme’ che dovrebbero spingerti ad eseguire una visita proctologica.
Prima di cominciare, un breve ripasso sul sistema gastrodigerente umano
L’apparato gastrodigerente umano è quel lungo tubo composto da numerosi organi che consente al nostro corpo di assimilare energia e nutrienti necessari alla nostra sopravvivenza, mediante il meccanismo della digestione.
Come tutti gli altri animali, l’Homo Sapiens è un organismo vivente eterotrofo, cioè incapace di sintetizzare l’energia e gli elementi chimici indispensabili al suo metabolismo partendo da composti non organici, come al luce del sole oppure i minerali.
Per sostenersi, dunque, l’uomo deve assimilare l’energia che altri esseri viventi hanno già prodotto, mediante il regolare nutrimento.
L’apparato gastrodigerente è dunque il complesso sistema di organi collegati tra di loro che serve a trasformare il cibo in energia per le nostre cellule, in un lungo processo che comincia già dalla masticazione.
Il cibo, frantumato dai denti ed impastato dalla saliva, diviene il bolo, che viene deglutito ed inviato verso l’esofago e poi lo stomaco.
Nello stomaco il bolo viene mescolato e sminuzzato, nonché aggredito chimicamente dai succhi gastrici: degli acidi che uccidono i batteri eventualmente presenti nel bolo e cominciano a scomporlo chimicamente, facendolo diventare chimo.
Attraverso la valvola duodenale, il chimo entra nel duodeno e dunque nell’intestino tenue: un lunghissimo tubo con una mucosa interna particolare, composta da innumerevoli villi intestinali.
I villi intestinali assorbono i nutrienti del chimo, che vengono dunque inviati al circolo ematico e al fegato, che provvederà a utilizzarli per ‘costruire’ le molecole di cui le cellule del corpo hanno bisogno per il loro metabolismo.
Dopo il lungo viaggio nell’intestino tenue, il chimo ormai impoverito di tutti i nutrienti ma ancora carico di liquidi ed elettroliti, viene immesso nell’intestino crasso, chiamato anche comunemente colon, attraverso la valvola ileocecale.
Da qui il chimo, che ormai è diventato chilo, percorre tutto il colon spinto dal meccanismo della peristalsi (una contrattura sincronizzata della mucosa intestinale), dove i vasi linfatici presenti assorbono tutti i liquidi rimanenti e gli elettroliti, immettendoli nella circolazione venosa.
Pian piano che il chilo avanza nel colon non solo si ‘solidifica’, ma viene anche attaccato da una grande quantità di batteri che vivono in simbiosi con la nostra mucosa intestinale, chiamati il microbiota del colon.
Questi batteri, nostri amici, attaccano i residui dei polisaccaridi (gli zuccheri non digeriti) presenti nel chilo, nonché altre sostanza di scarto del fegato, e li fanno fermentare grazie al loro metabolismo.
Questa fermentazione tramuta definitivamente il chilo nell’alvo, cioè le feci pronte per essere espulse.
Proprio grazie all’azione del microbiota intestinale le nostre feci, quando sane, sono morbide e facili da espellere, di colorito marrone (di varie tonalità ) e non eccessivamente maleodoranti.
Cosa sono le feci?
Le feci sono il residuo biologico del nostro metabolismo, cioè gli scarti del nutrimento di cui il nostro corpo si libera mediante il meccanismo della defecazione.
Sono essenzialmente composte da fibre, cioè elementi non assimilabili dai nostri villi intestinali, una piccolissima parte d’acqua e, per larga parte, dalla fermentazione batterica del microbiota intestinale.
Lap presenza batterica nelle feci è davvero elevata: circa il 70-80% della massa totale dei residui è difatti composta o da batteri o dal materiale della loro fermentazione.
Come detto poco in alto, le feci si formano nel colon per il riassorbimento dei liquidi del chilo e per la fermentazione batterica frutto del microbiota intestinale.
Quando sono ancora presenti nel colon, poco prima di essere espulse, le feci hanno il nome scientifico di alvo.
L’alvo, spinto verso l’uscita anale dal movimento della peristalsi intestinale, si raccoglie grossomodo all’attaccatura del retto con il sigma, dove è presente una naturale ectasia (rigonfiamento) della mucosa chiamata ampolla rettale.
Quest’ampolla, come il nome lascia intuire, si riempie con l’alvo formato e pronto ad essere espulso, e proprio questa sua dilatazione ci da lo stimolo alla defecazione.
La quantità di feci prodotte dall’essere umano è estremamente variabile, e segue in gran parte le abitudini alimentari e, secondariamente, anche quelle dell’appartenenza etnica.
Mediamente, un adulto in saluto europeo o nordamericano produce circa 150gr di feci al giorno, ma tale media deve essere, per l’appunto, presa solo come una generica traccia, essendo molto comuni variazioni a questa statistica.
Il colore delle feci è frutto della fermentazione batterica della bilirubina, uno scarto del metabolismo che fa parte della bile.
La bilirubina, a sua volta decadimento della biliverdina, non è solubile in acqua e dunque il fegato, per espellerla, la indirizza nell'intestino.
Lì la bilirubina viene attaccatta dai batteri del microbiota, che la trasformano in stercobilina, che è quella che dona alla feci il classico colorito marrone.
Qualsiasi alterazione di questo processo naturale cambia il colore delle feci, che dunque può evidenziare problemi sia epatici che intestinali.
Come dovrebbero apparire le feci sane?
Alla vista, le feci sane, in un soggetto non patologico e con una buona attività intestinale, appaiono di forma cilindrica, di superficie liscia o comunque solo leggermente ‘increspata’, abbastanza lunghe, morbide e di colorito marrone.
Sul ‘grado di marrone’ bisogna considerare una certa flessibilità di giudizio: esso varia molto a seconda dell’attività del microbiota intestinale e anche a seconda di cosa viene mangiato.
Il colore diciamo ‘sano’ delle feci è dunque una sfumatura di diversi gradi di marrone: un po’ più scuro o un po’ più chiaro, variabile al variare dell’alimentazione.
È sospettabile un problema intestinale, e spesso anche esterno all’intestino, solo quando le feci assumono colorito giallognolo, troppo pallido, completamente verde oppure troppo scuro, quasi nero.
In questi casi, si dovrebbe sempre sospettare un problema digestivo o epatico, e si dovrebbe sempre procedere con indagini specialistiche.
Anche l’odore delle feci dovrebbe essere valutato: feci sane di un soggetto adulto e in buona salute non dovrebbero essere eccessivamente maleodoranti né troppo ‘pungenti’.
Quando ciò accade, vi è il sospetto di acidificazione dell’alvo o di un disturbo intestinale (ad esempio, un’enterocolite batterica).
Che forma dovrebbero avere le feci normali?
Per valutare con metodo scientifico la forma delle feci è stata prodotta, nel corso degli anni, una scala di valutazione generale, chiamata scala Bristol.
Questa scala si sviluppa su sette tipologie di feci:
- Feci stitiche, le feci sono molto dure, raggruppate in palline dalla consistenza definita ‘caprina’, estremamente difficili da espellere;
- Feci disidratate, le feci sono grossomodo formate, non più a palline, ma ancora molto dure da espellere, con numerose increspature sulla loro superficie;
- Feci formate, ma lievemente disidratate, simili ad un salame, comunque comode da espellere;
- Feci normoconformate, lisce, a cilindro, morbide e facili da espellere;
- Feci molto morbide, non pienamente formate, espulse spesso in pezzi;
- Feci non formate, simili ad un purè;
- Feci completamente liquide, tipiche della dissenteria
Le feci ‘normali’, cioè considerate fisiologiche, sono quelle della tipologia 3-4.
Le tipologie 1-2 sono feci tipiche della condizione di stitichezza, mentre le feci 5, 6 e 7 sono progressivamente sempre più liquide, tipica condizione della diarrea.
È normale sforzarsi per espellere feci molto dure?
No, non è normale.
Il ponzamento, cioè l’atto di ‘spingere’ per permettere ai muscoli sfinteri di rilassarsi e aprire l’ano, non dovrebbe essere faticoso, né doloroso.
Le feci dovrebbero uscire facilmente, e non dovrebbero causare fastidi, dolori o sanguinamento.
Se si sperimenta una certa difficoltà ad espellere feci troppo dure, quasi ‘rocciose’, vuol dire che l’alvo è rimasto nell’intestino oltre il tempo necessario alla sua formazione, e che quindi è stato eccessivamente svuotato dai liquidi.
È una condizione tipica delle persone stitiche, cioè affette dalla patologia della stipsi cronica.
La stipsi, oltre ad essere invalidante e dare grande dolore durante la defecazione, danneggia il canale anorettale ed è uno dei fattori scatenanti delle ragadi anali, delle emorroidi patologiche e del prolasso della mucosa anorettale.
La stipsi cronica, cioè la difficoltà ad espellere regolarmente feci morbide e ben formate, è una patologia seria ed invalidante, che può arrivare a peggiorare in maniera sistematica la qualità di vita.
La stipsi costringe a giorni senza la naturale defecazione, con il conseguente iper-assorbimento dei liquidi dell'alvo, che diviene estremamente duro e difficile da espellere.
A sua volta, delle feci così dure danneggiano la delicata mucosa anorettale, a volte anche lacerandola ed infiammandola, dando dunque episodi di proctite oppure delle vere e proprie ragadi anali.
Sforzandosi per espellere le feci indurite, il paziente aumenta altresì la pressione intra-addominale, e questa è la causa più comune dell'inizio della patologia emorroidaria.
Perché ho sempre le feci molto morbide e poco formate?
Feci poco formate, eccessivamente ‘molli’, che vengono espulse a pezzi non cilindrici, a volte quasi liquide, identificano un problema intestinale di malassorbimento dei liquidi del chilo.
Questo malassorbimento può essere dovuto ad una lunga lista di patologie e condizioni patologiche del colon, ad esempio:
- La sindrome del colon irritabile;
- La celiachia;
- L’intolleranza al lattosio;
- Un’infezione batterica o virale della mucosa del colon;
- Uno stato agitativo cronico, con grande stress;
- Una dieta scorretta;
- La rettocolite ulcerosa;
- La malattia di Crohn
Come si evince dalla lista, la disfunzione dell’alvo che tende a non far formare adeguatamente le feci ha una lunga serie di cause, che devono essere attentamente valutate in sede di anamnesi durante la visita colonproctologica.
Bisognerebbe andare di corpo tutti i giorni?
dealmente, l’evacuazione di un soggetto adulto ed in buona salute dovrebbe avvenire su base giornaliera, con l’espulsione di feci morbide, ben formate, dal giusto colore marrone e non eccessivamente maleodoranti.
Tuttavia, spesso questa condizione non si verifica in tutti gli esseri umani, ed alterazioni alla normale defecazione quotidiana possono essere comuni e presenti, senza per questo sfociare in una condizione patologica.
Alcuni soggetti in perfetta salute, ad esempio, evacuano due volte al giorno, mentre altri a giorni alterni, senza per questo avere i tipici sintomi della stipsi cronica.
Solo quando le evacuazioni sono difficoltose una volta su quattro, e grossomodo si riesce ad evacuare meno di due volte a settimana, si può iniziare ad ipotizzare una condizione stitica, che deve essere affrontata col giusto percorso riabilitativo intestinale.
Che pericolo c’è a non evacuare per molti giorni?
Più l’alvo rimane nell’intestino e più i vasi linfatici presenti nella mucosa intestinale assorbono tutti i suoi liquidi, facendolo dunque disidratare e, ovviamente, indurire in maniera eccessiva.
Più l’alvo si indurisce, e più diviene difficile da espellere durante la defecazione, che spesso causa forti dolori e lacerazioni della delicata mucosa anorettale.
Anche le emorroidi patologiche, cioè il prolasso dei plessi emorroidari, è spesso dovuto all’iper-pressione intra-addominale che il paziente stitico è forzato ad eseguire per tentare di espellere le feci ormai troppo dure.
Se non si provvede all’evacuazione per lungo tempo, indicativamente per 5-6 giorni, vi è il rischio che l’alvo, ormai diventato della consistenza di un vero e proprio sasso, ostruisca l’ampolla rettale formando una specie di ‘tappo’, che non permette l’uscita del nuovo alvo formato nei tratti iniziali dell’intestino.
Questo tappo è chiamato fecaloma, ed è una pericolosa condizione che può portare, senza interventi rapidi, alla formazione di unavera e propria occlusione intestinale.
Il fecaloma viene trattato in urgenza con la somministrazione di grandi quantità di clisteri con acqua calda e, in alcuni casi, con la necessaria manovra manuale di asportazione meccanica del tappo fecale.
Ecco perché non bisognerebbe mai arrivare alla condizione di possibile fecaloma, e si dovrebbe iniziare la giusta riabilitazione intestinale per curare la condizione di stipsi cronica.
I periodici clisteri per evacuare sono dannosi?
L’uso di lassativi e clisteri dovrebbe sempre essere evitato, oppure utilizzato esclusivamente come extrema ratio, solo per evitare il rischio di un fecaloma.
I purganti ed i lassativi acidificano le feci, irritano la mucosa intestinale e la infiammano, danneggiando anche il microbiota del colon.
L’abitudine che molti pazienti etici hanno, che più che un’abitudine è una vera e propria necessità , di evacuare solamente con l’utilizzo dei clisteri o dei purganti, è deleteria e dannosa.
La stipsi cronica deve essere curata tramite adeguata riabilitazione intestinale, che quasi sempre richiede un cambiamento delle abitudini alimentari, nonché di procedure mediche e fisioterapeutiche per consentire al colon di riprendere la sua giusta attività .
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Quindi ricorda che...
- La digestione è il processo con cui noi esseri umani assimiliamo energia e elementi chimici indispensabili alla nostra sussistenza;
- l'essere umano è un organismo eterotrofo, quindi è costretto a prendere energia e nutrimento da altri organismi viventi;
- il nutrimento dell'essere umano è imprescindibile per la sua sopravvivenza;
- la digestione è effettuata mediante il complesso apparato gastrodigerente, che comincia dal cavo orale e finisce all'orifizio anale;
- gli scarti del nostro metabolismo sono le feci, di cui ci liberiamo mediante la defecazione;
- un essere umano adulto ed in salute procuce mediamente 150gr di feci al giorno, ma questo dato può subire molte variazioni;
- le feci si formano nel colon, dopo che i residui del nutrimento vengono riassorbiti dei liquidi e degli elettroliti;
- i batteri presenti nel nostro intestino completano la digesione, fermentando i residui degli zuccheri del nostro cibo e trasformandolo in alvo;
- la forma delle feci sane di un essere umano in salute è cilindrica, con superficie liscia e dal colorito marrone;
- le feci devono essere ben formate ma morbide da espellere, non eccessivamente maleodoranti;
- feci di consistenza 'caprina', dure e difficili da espellere sono tipiche dei soggetti stitici;
- feci non ben formate, troppo morbide o addirittura completamente liquide sono il segno distintivo della diarrea;
- si dovrebbe ricorrere a clisteri e lassativi solo come extrema ratio nei casi gravi di stipsi, per impedire la formazione di un fecaloma
Nota deontologica
La Proctologia, in Italia, non ha ancora una Scuola di Specializzazione riconosciuta dal Ministero dell'Istruzione.
Non è quindi legalmente possibile riportare l'aggettivo 'specialista' al Medico Proctologo, poiché tale titolo accademico è riservato solo al Medico che, legalmente, ottiene un Diploma di Specializzazione.
Come branca della Medicina, la Proctologia può essere inquadrata come disciplina chirurgica, che può però allargarsi ed intendersi perfezionamento della Gastroenterologia, della Dermatologia, della Chirurgia Vascolare, dell'Oncologia, della Infettivologia e, non ultimo, anche della Ginecologia.
Questo vuol dire che la formazione del Medico che intende definirsi 'Proctologo' è effettuata prevalentemente sul campo, attraverso l'esperienza diretta e i casi clinici affrontati e risolti, nonché del continuo studio ed aggiornamento professionale.
La Dott.ssa Luisella Troyer, iscritta all'Ordine dei Medici Chirurghi ed Odontoiatri di Milano, tiene dunque a precisare che ella è un Medico Chirurgo Specialista in Chirurgia Vascolare, e perfezionata poi Proctologo durante il suo trentennale esercizio della professione medica.
Quest'articolo è stato revisionato ed aggiornato dalla Dott.ssa Luisella Troyer il giorno:
domenica 11 febbraio, 2024
La Dott.ssa Luisella Troyer è un Medico Chirurgo, specializzata in Chirurgia Vascolare e perfezionata in Proctologia.
Sin dal suo percorso come specializzanda, la Dottoressa ha avuto a cuore lo studio e la cura delle patologie proctologiche, in particolar modo delle emorroidi e dei prolassi emorroidari.
Ha accumulato, nel corso del suo esercizio come Chirurgo, circa 5000 ore di sala operatoria come primo operatore, di cui circa 120 di emorroidectomia Milligan-Morgan.
È uno dei primi Medici ad aver studiato e sperimentato la terapia con scleromousse per le emorroidi patologiche, che la Dottoressa ha giudicato d'elezione per il trattamento non traumatico dei prolassi emorroidari, con statistiche di risoluzione superiori al 95% e pertanto spesso comparabili con l'accesso chirurgico.
In ogni sua visita proctologica la Dottoressa utilizza, a complemento della valutazione clinica, un moderno videoproctoscopio totalmente digitale, di sua ideazione e realizzazione, in grado di catturare in tempo reale flussi video in alta risoluzione, che compone l'esame specialistico denominato Videoproctoscopia Endoscopica Elettronica.
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